Il castello.
Notte senza stelle, il cielo avvolto in una nebbia buia
rischiarata da ragnatele di lampi dalla luce fioca sanguigna che si muovono al
rallentatore. In mezzo come un ragno deforme sul picco di una montagna un
lugubre castello turrito come quelli che dovevano esserci in Transilvania
quando i “signori” si nutrivano di sangue. Si sente un battito d’ali dall’alto
scendere al ponte levatoio, la forma di uno Sguardo che guarda, scalpiccio di
passi sulla ghiaia, una campana rintoccare. Un lampo esplode sulla scena, il
castello appare nitido, semidiroccato, macerie dappertutto, tutte le finestre
sprangate. Del visitatore si vede solo uno Sguardo che guarda.
Cigolio, da un pertugio nero vicino al portone una voce
priva di tono, un gracchiare
ansante di fiato spinto fuori dalla
bocca dice: “Chi suona a quest’ora della notte? Seccatori... andatevene o vi
aizzo i cani, per dio!”
Lo Sguardo risponde:
“Sono stato chiamato per investigare su un orrendo delitto, aprite!”
Silenzio, sentore di ombre che bisbigliano nel buio e la
voce: “Va bene, entrate, non vi avevo riconosciuto, perdonatemi”.
Il cigolio aumenta di volume, cala il ponte levatoio, i
passi sulle tavole di legno, il portone si apre.
Sulla soglia, con una
lanterna semispenta in mano, appare una figura piccola con le gambe corte ed
arcuate, il busto chino e gobbuto, le braccia lunghe da scimpanzé con mani
enormi e pelose, la testa un globo glabro dai tratti tumefatti, gli occhi
piccoli e ravvicinati due fessure senza luce, vestito in livrea. “Sono il maggiordomo,
” gracchia con tono umile, "mi chiamo Esopo, perdonatemi, entrate, entrate...piano,
mi raccomando...i signori dormono... entrate…”
Lo Sguardo entra, passi
lungo il corridoio, il salone buio, ragnatele, mobili sfasciati, rovina.
Esopo: “Non fate caso
al disordine, perdonatemi...mancano poche ore all’alba, una camera è pronta per
voi, domani saprete...perdonatemi...se volete seguirmi, fate piano, i signori
dormono, se si svegliano…”
Sensazione invisibile di milioni di occhi che guardano,
sulle volte buie del soffitto l’ombra di due tonache svolazzanti, una chiara ed
una scura, seguono i passi, un cigolio ed una porta che si apre con un lungo
sospiro.
Il mattino di buon ora Esopo va a svegliare lo Sguardo. Lui è
già in piedi vestito. “Ha dormito bene?” domanda il maggiordomo.
“Non sono riuscito a chiudere occhio!“ risponde lo Sguardo, “questo
posto è pieno di spifferi, ci sono topi da tutte le parti, tarli che rodono, scricchiolii
e per tutta la notte ho sentito qualcuno camminare avanti ed indietro nella
stanza di sopra, gemiti, lamenti.”
Esopo si china a toccare il pavimento con la fronte e dice:
“Lo so, perdonatemi...questo posto è...da tempo i padroni vogliono traslocare, aspettavano...perdonatemi...ecco
! le ho portato la colazione, caffè caldo, fa bene, perdonatemi...l’ ho
preparato io stesso...la cuoca...meglio non fidarsi, sa...è una strega, qui
tutti sono…” si guarda intorno e
continua sottovoce: “pazzi furiosi, si sbranerebbero l’un l’altro se
potessero.“
Lo Sguardo beve un sorso di caffè, arriccia il naso
disgustato, posa la tazzina e chiede: “Che cosa è successo?”
“Non le piace?” il maggiordomo prende la tazza e la svuota d’un
sorso, si lecca le labbra screpolate e continua: “Un delitto orrendo...i
padroni mi hanno autorizzato a dirle tutto... perdonatemi…meglio non
disturbarli, loro...è una storia...cercherò di essere breve...mi aiuti se
sbaglio…io...ho sempre paura, perdonatemi...“
Lo Sguardo: “Avanti, racconti, cos’è successo?“
Esopo china la testa, si stropiccia le mani, singhiozza e
dice: “Ho passato la notte a cercare le parole... qui tutti mi disprezzano ma
se non ci fossi io, perdonatemi...è morta la figlia, l’hanno trovata nella
stanza del vecchio, qui tutti lo chiamavano così, perdonatemi...giù nei
sotterranei, nella cripta di Iside...lui viveva lì...è morto sarà un mese,
dovevano fare il funerale...perdonatemi...il testamento...proprio oggi il
notaio...anche il figlio è scomparso...erano arrivati insieme e poi…“
Lo Sguardo: “Calma, procediamo con ordine. Chi è questo
vecchio?“
Esopo: “II nonno...vecchio, vecchissimo, c’è chi
dice...perdonatemi...da giovane faceva l’archeologo in Egitto...sa, io sono
solo un servo, qui tutti mi disprezzano...ma io so...il vecchio parlava con me,
solo con me, non si fidava degli altri... io gli preparavo i pranzi...perdonatemi...raccontava
sempre la stessa storia...aveva scoperto l’entrata segreta che conduceva ai
sotterranei della Sfinge e lì aveva trovato...lei...la dea...Iside, diceva che
era viva, prigioniera da miliaia di anni e poi... io ho visto solo la statua, è giù nella cripta, anche i morti
sono lì, lei com’era bella.”
Lo Sguardo: “Quando è
successo il delitto?"
Esopo lacrimando risponde: “Due notti fa…sono stato io a
trovarla... perdonatemi...il vecchio è ancora giù nella cripta, si è fatto
imbalsamare, tutte le mattine, è l’abitudine, lo vado a trovare e ci parlo
ancora... qui tutti mi disprezzano, sono bestie, perdonatemi...l’ho trovata,
era ancora calda, coricata in un sarcofago con un paletto di legno conficcato
nel cuore, era cosi bella... adesso la morte...nessuno ha toccato niente.“
Lo Sguardo: “Vorrei vedere di persona.“
Esopo solleva la testa, cerca di drizzare il busto, le ossa
scricchiolano, geme di dolore e dice: “Sa, i reumatismi...da giovane...sì, mi
segua, non faccia caso al disordine...da quando è morto il vecchio…”
Escono dalla stanza, dopo un corridoio scalcinato con le
pareti bucherellate da colpi di mazza scendono giù da una scala a spirale che porta ai sotterranei. Esopo continua:
“Qui tutti credono che il vecchio in Egitto, sotto la Sfinge, avesse trovato un
tesoro immenso... lo cercano...da anni
rovistano dappertutto... Il vecchio rideva, non usciva mai dalla sua cripta,
era la sua camera, non apriva a nessuno, solo a me...viveva per quella statua,
la dea...perdonatemi... ora vedrete.”
I due procedono per
un corridoio stretto dal soffitto basso con l’intonaco a brandelli che scende a
imbuto curvando verso sinistra e si fa ad ogni giro più stretto. Per un po’
camminano in silenzio, Esopo zoppica trascinando la gamba sinistra ed ogni
dieci passi inciampa, singhiozza e: “Perdonatemi...sa...qui tutti mi
disprezzano...ma io so, se solo…” si interrompe e continua a zoppicare.
Ogni cento metri una lampadina fioca illumina il corridoio,
ci sono ragnatele, porte col legno muffito e tarlato, nicchie con dentro
statuette impolverate, corpi umani con teste di animali, scarabei, scrigni,
ossa...altre più grandi con mummie, pezzi di corpi mummificati, in piedi, seduti,
coricati.
“Un posto allegro.” dice lo Sguardo.
Esopo singhiozza e risponde: “Perdonatemi...sono anni che
dico...le serve si rifiutano di lavorare qui...hanno paura...tutti quei morti
dicono, se non ci fossi io, ecco, siamo arrivati.“
Il corridoio termina in una stanza rotonda, al centro del
pavimento una pertica di ferro collegata al soffitto esce da una botola di
legno.
“Ecco!” dice Esopo, “salga, non abbia paura.”
I due montano sulla botola, Esopo schiaccia un bottone nella
pertica e Ia botola inizia lentamente a scendere posandoli in un salone ovale
ampissimo, pieno zeppo di cimeli egizi, sarcofagi, padiglioni con statue di
cera in pantomime di vita, mummie, sul fondo una statua di marmo bianco su un
piedistallo dorato, il volto di una donna bellissima con il corpo ricoperto da
un lenzuolo, in testa un copricapo con le corna di vacca ed il disco lunare.
La statua solleva un braccio verso l’alto, la mano fine con
le dita lunghe ed affusolate aperte a salutare.
Ai lati del piedistallo due sarcofaghi aperti.
Esopo avvicinandosi alla statua inizia a singhiozzare ed a
piangere forte, tra i lamenti dice: “ lo l’amavo...per lei... qui tutti mi
disprezzano, perdonatemi.”
Nei sarcofaghi due
corpi, in uno quello di un vecchio mummificato, senza pelle, muscoli cuoiosi e
raggrinziti con le ossa che sporgono, le unghie delle mani e dei piedi
lunghissime e nere, la faccia senza naso un teschio ghignante incorniciato da
un aureola di capelli grigi e stopposi.
Nell’altro il corpo è ricoperto da un lenzuolo. Esopo si è
coricato a terra e continua a singhiozzare tempestando il pavimento di pugni.
Lo Sguardo solleva il lenzuolo e guarda: il corpo di una donna sui quarant’anni,
nuda, alta, le membra irrigidite dalla morte, bianca spettrale, gli occhi
aperti, le labbra tirate in un sorriso cinico, all’altezza del cuore un piolo
di legno conficcato.
Lo Sguardo, freddo, con voce professionale dice: “Doveva
essere molto bella.” Esopo si è rialzato, trema, la gobba scossa da sussulti.
Asciugandosi le lacrime dice: “Era bellissima...io l’amavo…lei...anche lei mi
disprezzava ma a me non importava...io...perdonatemi.”
“Nessuno ha toccato
niente?”
“Nessuno.”
“ Non vedo macchie di sangue.”
Esopo riprende a singhiozzare: “Perdonatemi...non ho potuto...l’ho
lavata... ecco... solo il sangue... non sopportavo...”
“Ho capito...il medico è venuto? Avete avvertito la
polizia?”
“No, i padroni non vogliono...qui è come un altro
mondo.”
"Perchè mi avete
chiamato?“
“Non so...loro hanno deciso...hanno paura...non
capiscono...proprio oggi il notaio
doveva leggere il testamento, quando ha saputo del delitto si è rifiutato...perdonatemi...trovate I’
assassino...era così bella, così…”
“Ho capito, l’adorava e lei la disprezzava come tutti. L’ha trovata così dentro la bara?“
“Si...non l’ho mossa, ho
pulito il sangue...non c’erano segni...solo il paletto piantato nel
cuore esattamente come vede.”
Il piedistallo di Iside cigola, una fugace risatina dai toni
argentini quasi un soffio sembra uscire dalle sue labbra.
"Ha sentito?” chiede lo Sguardo.
“Che cosa? Non ho sentito nulla...perdonatemi...questa
casa...non stupitevi dei rumori...qui...“
“Chi vive nel castello?”
“I padroni, il signore e la signora...io, poi c'è l’idiota,
fa un po’ di tutto, la cuoca e due serve per le pulizie."
“Pulizie?” chiede lo Sguardo sorpreso, “ho visto tutto
sporco...nella stanza dove ho dormito le coperte camminavano da sole.”
“Perdonatemi...sono streghe...non lavorano mai...non so che
ci stanno a fare, sempre a confabulare, a spettegolare."
“Intendo interrogare tutti questo pomeriggio.”
“Va bene, perdonatemi, ma non ne caverete nulla, sono
streghe orrende…”
“Evitiamo i commenti, parli del fratello.”
“Sì...perdonatemi…erano gemelli...è scomparso la notte del
delitto, non si sa nulla, ho cercato dappertutto, forse è morto anche lui…”
“La disprezzava?”
Esopo rimane qualche secondo in silenzio: “Non
so...perdonatemi...lui...non so, è un artista...ride, scherza con tutti, uomini
e bestie nello stesso modo, gentile, cortese... erano arrivati insieme una
settimana fa per il testamento. Erano
anni che mancavano...vuol sapere la storia?...forse l’aiuterà, perdonatemi...”
Lo Sguardo sorride: “Questo intercalare, si sente in colpa?
non si potrebbe evitare?”
Esopo, chinando il capo : “Perdonatemi... “
“Come non detto...sentiamo la storia, intanto se non le
dispiace…"
Con un gesto deciso sfila il paletto dal corpo della morta, dal
foro esce un sibilo d’aria ed il torace si sgonfia. Esopo urla: “Cosa avete fatto, no, rimettetelo”
“Silenzio!”
Lo Sguardo osserva con attenzione: un piolo di legno lungo
mezzo metro, appuntito, la testa scheggiata ed appiattita da un colpo di
martello. Nessuna traccia di sangue.
"Allora, questa storia?”
Esopo sta tremando scosso dai singhiozzi: “Sì...la
racconto...ma rimettetele quel legno...sa, perdonatemi...se dovesse venire la
polizia...lei, in via ufficiosa... qui, i padroni potrebbero…”
“Come vuole, fatemi prima controllare, intanto raccontate.“
Mentre Esopo parla lo Sguardo ispeziona il cadavere, sonda
la ferita e poi rimette il piolo.
“Perdonatemi...questa storia...non ho mai capito cosa
fu...voci, si dice, pettegolezzi...un tempo questo castello non era così...la
rovina cominciò... perdonatemi... da giovani, son solo voci ...ma qualcosa avvenne
perchè... uno scandalo dicono...i due erano gemelli, si amavano, c’eran solo
loro, era una bellezza guardarli, una gioia per gli occhi...perdonatemi...si
amavano, come dire...non proprio come fratelli...a quei tempi, son passati
tanti anni...qualcuno li sorprese...uno scandalo...lui fuggì non si seppe
dove...lei vagava per il castello, era disperata...qualcuno dice che ci fu una
storia con l’idiota...il servo, a quei tempi si occupava delle scuderie,
c’erano cavalli di ogni parte del mondo...nulla di certo ma lei aveva perso la
testa, era impazzita ed un bel giorno scomparve...qualcuno diceva che era
andata in cerca del fratello, altri che era rinchiusa in un manicomio, altri
che faceva la puttana per le strade...da allora non si seppe più nulla, i padroni avevano vietato che si parlasse di
loro...da quando son tornati lei ha vissuto qui, in questa stanza, voleva
vegliare il nonno diceva...lui invece era tornato nella sua...sulla guglia più
alta del castello...perdonatemi...lì, da bambino...scriveva, dipingeva,
suonava...un artista completo...dopo, se vuole, la porto...“
“I due si son parlati durante la settimana?“
“Assolutamente no ! perdonatemi...non si son neppure visti...sono
arrivati insieme ma ognuno per conto suo...e non sono mai usciti dalle loro
stanze...io gli portavo i pasti.. .perdonatemi... ora lui è scomparso... crede
che...forse la gelosia?“
“Non credo nulla, guardo... chi poteva avere motivo per
ucciderla?”
"Perdonatemi...io l’adoravo...lei era tutto per
me...non so...le serve I’ odiavano... anche l’ idiota, chieda a loro...perdonatemi...
i padroni odiano tutti.“
“Al castello è entrato qualcuno in questi ultimi
giorni?"
“Nessuno.”
“Avete notato se nella stanza manca qualcosa?"
“Come si potrebbe?" dice Esopo spaziando con la mano le
miliaia di oggetti sparsi ovunque.
"Esiste un catalogo, un elenco di tutte queste cose?”
“Forse…perdonatemi...ci sono dei libri...se vuole posso
controllare meglio, a me sembra che non manchi nulla ma come si
può...perdonatemi…”
“Ho capito, intanto questo piolo, hanno usato un martello, è
stato trovato?”
"No, perdonatemi...”
“L’avete cercato?”
“Perchè avrei dovuto? ...non sapevo neppure...”
Lo Sguardo osserva il gobbo...le ultime parole la voce tremava:
“Avete dei sospetti?”
“Perdonatemi... qui mi disprezzano tutti...non so.”
“Da sola non se l’è messo...il piolo è stato conficcato con
forza, ha sfondato il cuore ed il polmone. Sa chi è stato l'ultimo a vederla
viva?"
“Perdonatemi...io credo...avevo cenato con lei e
poi...perdonatemi...quando l’ho lasciata..."
“Che ore erano?”
"Poco dopo la mezzanotte...la campana del castello
aveva appena suonato.”
“ Le era sembrata spaventata, agitata?”
“Perdonatemi...lei era sempre agitata. “
“ll mattino, quando l’ ha trovata, che ore erano?”
“Le sette... si alzava presto, perdonatemi...le portavo la
colazione." continua piangendo: “Sospetta di me...sapevo che avrebbe
sospettato di me... tutti mi disprezzano, la colpa è sempre mia, qualsiasi cosa
succeda, adesso crederà che…”
"Nulla. Quando l’avete trovata il montacarichi era
sollevato o abbassato?”
“Sollevato, perdonatemi...si solleva da solo dopo l’uso.”
“Si può bloccare?”
“Dal basso sì ma lei non lo faceva, lo lasciava aperto.”
“Chi ha accesso in questa stanza?”
“Io, solo io...nessuno ci vuole venire ma la strada la
conoscono tutti, forse...sospetta di me, lo vedo, ecco! " riprende a piangere a dirotto.
“Si calmi...non sospetto di nessuno...mi parli del vecchio,
sembra morto da secoli, chi lo ha imbalsamato?”
“lo...perdonatemi…era vecchissimo, una malattia alla pelle
l’ha ridotto così...sapeva di dover morire, aveva preparato tutto...ho solo
dovuto immergere il corpo in una vasca piena di liquido...puzzava,
perdonatemi...Iui me l'aveva ordinato...anche i due sarcofagi aveva disposto,
voleva essere sotterrato così...dopo la lettura del testamento aveva detto,
perdonatemi…lei sospetta di me, lo vedo!”
“Si calmi e mi lasci lavorare.”
Lo Sguardo, seguito passo a passo da Esopo ispeziona la
stanza, prende delle misure, controlla il montacarichi... si fanno le undici.
“Ha trovato qualcosa?” chiede Esopo.
“Forse, per il momento ho finito, usciamo.”
“Devo chiudere?”
“Sarebbe una precauzione inutile, se c’erano tracce sono
state cancellate, che fine ha fatto il martello? Da qualche parte deve essere.
Ci sono altre entrate?”
“Che io sappia no ma questo castello…ci sono segreti
ovunque, vorrei tanto andarmene ma dove vado?…perdonatemi…ridotto come sono…lo
vede anche lei…crede che sia stato io?” riprende a piangere.
“Non credo nulla, usciamo, torniamo su. Quanto ci vuole per
avvertire la servitù?”
“Sono già tutti riuniti, aspettavano solo lei.”
“I padroni?”
“Perdonatemi…loro…forse…non so se vorranno.”
“E’ necessario. Intendo parlare anche col notaio.”
“Chiederò.”
“Quante storie, andiamo. Ora vorrei vedere la stanza del
fratello.”
“Si…perdonatemi…venga, l’accompagno.”
Celle, saloni, scale, corridoi allo sfascio...quadri sfregiati
con le cornici a pezzi, mobili sventrati, biancheria all'aria, cocci di vasi,
piatti, vetri, panoplie smontate, pavimenti muri e soffitti bucherellati. Esopo
cammina avanti, gobbo, la testa china, le mani strisciano il pavimento.
“Non faccia caso al disordine, perdonatemi…solo un’ala del
castello è abitata, anche lì, vedesse...Ia servitù…sono mostri!...perdonatemi,
detto da me può sembrare...queste macerie… fa male al cuore, sapesse come era
bello una volta, perdonatemi... se non ci fossi io... tutto in rovina, anno
dopo anno, un fiore lasciato senz’ acqua...”
“Un poeta!” esclama
lo Sguardo, stupito dalle ultime parole.
“Oh no...perdonatemi…magari...non sono parole
mie...lui…adesso vedrà... da bambino scriveva poesie...un talento così...ne ho
letta qualcuna...sono sincero... parole rubate ma... tutti mi disprezzano, perdonatemi…“ la voce cambia, un gracchio cavernoso
soffiato a fatica: “ lui mi trattava...non so...il disprezzo ferisce ma
lui...sempre gentile, come se parlasse all’aria... perdonatemi...io sono!...nulla
mi sentivo…il disprezzo ma lui...io! perdonatemi..." la voce normale: “ecco! c’è un ascensore che
porta su...non faccia caso alle assi mancanti, è ancora solido, venga.”
I due salgono sull'ascensore, cigolii sordi, scoppi, sbalzi,
lentamente sale alla guglia più alta, l’ultimo tratto una scala di ferro. Esopo
arranca, ogni due passi un sospiro modulato “...perdonatemi…” gli esce
automatico, poi una porticina laccata dal colore sbiadito piena dl macchie che
si apre cigolando.
Una stanzetta piena di libri pulita di recente, un tavolino
con una macchina da scrivere ed un foglio iniziato, un lettino buttato sul
lato, un leggio con uno spartito musicale aperto ed un violino appeso, una
tavolozza con una tela bianca vicino all’unica finestra aperta, una credenza a
due ante, un baule senza coperchio con
dentro abiti ammucchiati in disordine, un paio di sedie di paglia, un filo
pende dal soffitto con una lampadina.
Esopo l’accende: “Perdonatemi...qui la luce...è giorno… che
tempo, sempre buio.”
“Chi ha aperto la finestra?” chiede lo Sguardo.”
"Nessuno ha toccato niente...ordine dei padroni. Lui, è
stato lui…”
Lo Sguardo si affaccia: fuori una nebbia densa carica di
elettricità avvolge tutto, ronzii come
miliardi e miliardi di insetti invisibili in volo e le ombre di moltitudini,
fantasmi evanescenti che avanzano
immobili.
“Avete controllato che non si sia buttato?”
“Sì...perdonatemi...lui...da bambino aveva la passione per
gli uccelli...disegnava sempre ali...io...anche l’idiota e le serve...abbiamo
fatto il giro del castello, il fossato è asciutto...perdonatemi...non abbiamo
trovato niente...”
"Gli ha portato la cena anche quella sera?”
“Sì...perdonatemi...prima di scendere alla cripta...”
“Come le è sembrato?”
“Come aI solito, guardava senza guardare, parlava senza parlare...quando
è tornato..gli anni son passati...lui...perdonatemi, io...gli ho lasciato la
cena e sono subito sceso.”
“L’ha mangiata? non
vedo piatti sul tavolo.”
“Non so...perdonatemi...adesso sospetta di me...non ho
toccato niente...però...io non l’ho visto ma a me nessuno la fa...qui mi
disprezzano tutti, io...credo che l’idiota lo venisse a trovare ma...non so,
forse…perdonatemi…”
Lo Sguardo ispeziona la stanza, apre le ante, la biblioteca,
il letto, il baule, solleva gli abiti ed in mezzo, arrotolato in una maglia,
trova un martello.
“E questo?” chiede.
“Non so…perdonatemi... adesso sospetta di me...io non ce
l’ho messo, è un martello, lo vede anche lei...”
"Si, lo vedo.”
lo Sguardo controlla l’oggetto, lo pesa sulla mano, tasta il largo
battente di ferro e lo posa sul tavolo per sedersi alla macchina da scrivere.
Un foglio per metà scritto pende dal carrello.
“Questo lo ha scritto lui?"
“Chi altri...perdonatemi...crede forse…”
Lo Sguardo legge:
“Cara L.
Perchè non ci vuoi vedere? Ho assoluto bisogno di parlarti.
Ci sono cose strane in questo castello, forse siamo in pericolo. Tutti questi
anni sei sempre stata nel mio cuore...sono fuggito, prima in Nepal, ho vagato
per l’Himalaya come apprendista zen, non stavo mai un mese nello stesso posto,
dormivo dove capitava, mangiavo quel che trovavo...come gli uccelli, di ramo in
ramo...lassù è la purezza, la semplicità, uomini e bestie, si tramandano storie, favole dall’ inizio dei tempi, è stata
un’avventura...sono tornato. Ovunque andassi il deserto mi seguiva, quando è
arrivata la lettera del notaio ero al confine del bosco, sull’ultimo albero e
sotto il precipizio...l’ho fatto solo per te, per rivedere ancora i tuoi occhi,
sentire la tua voce. Ho fatto delle indagini, i servi che avevamo lasciato come
custodi adesso si fan chiamare padroni, tutto è in rovina, credo che la storia
dell’eredità sia stata un pretesto per attirarci qui...lo zen mi ha insegnato a
leggere i segni, il doppio delle persone, prima di tutti in noi stessi ed ora è
uno Sguardo. Ti devo parlare assol…”
“La lettera è interrotta.” dice lo Sguardo.
“Perdonatemi... io non so, crede che…”
“Parla di un pericolo a proposito dell’eredità, i padroni li
chiama servi, lei mi ha detto...”
"Perdonatemi...loro han voluto così...adesso penserà
che...loro han detto: sono figli nostri...parli con loro, qui mi disprezzano
tutti, io non so, così m’han detto di dire…“
inizia a piangere.
“Si calmi, sa qualcosa a proposito dell'eredità? Il vecchio
parlava con lei.”
“Perdonatemi...io non so...se solo...i padroni sono cattivi,
ho paura, loro hanno orecchie ovunque, anche i muri, io…”
“I padroni le hanno ordinato di dire tutto! Comunque lo
verrò a sapere dal notaio, avanti, parli !"
“Io...perdonatemi, qui mi disprezzano ma senza di me...se
solo…“ con la voce cavernosa: "Sì…io lo so...lui, naturalmente...il
vecchio lascia tutto a lui, al maschio...per me neanche un soldino...tutto a
lui, io sono!” con la voce normale: "Perdonatemi...mi gira la testa, che
ho detto?...certe volte, perdonatemi...ho dei mancamenti e parlo senza
sapere…ho detto qualcosa?”
Lo Sguardo lo guarda trattenendo un sorriso, dice: "Dal
servo si vede il padrone” poi piega la lettera e la mette in tasca, prende il
martello e chiede: “Si usa pranzare in questo posto?”
“Perdonatemi... se vuole...la cuoca può preparare qualcosa...
fossi in lei non mi fiderei...è una strega...e cucina malissimo...qui mi
disprezzano tutti ma se vuole...così alla buona, può pranzare con me.'' Ammicca
al martello: “Lo ha trovato eh?…cosa dice... è stato lui e poi... perdonatemi...
eh?”
“Vuol prendere il mio posto?" chiede lo Sguardo
ridendo.
“No...dicevo cosi...perdonatemi...l'evidenza, il fatto,
cercava un martello..."
“Scendiamo, le conclusioni a poi.”
“Perdonatemi, ma... come vuole… penserà che… lo vedo
sa...lei sospetta di me, tutti...la
colpa è sempre mia...se solo…”
“La smetta...ho appetito e sono stanco di perdonatemi”
“Perdonatemi...come vuole...ma il martello...andiamo... la
finestra vuole che la chiuda?”
"Perchè? la
lasci così, l'uccellino potrebbe tornare.”
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